lunedì 25 gennaio 2010

Die Leiden des junges Kommunist

Premetto che credo, spero, prego che Brunetta stesse scherzando con quell'idea, solo per evitare di accumularla tra le migliaia di cazzate gravi che sono fatte per coprire cazzate criminali e legislative (link del blog del collega blogger Kaspo, su equo compenso, censura di internet, e se vuoi una fonte attendibile, butto là pure il Times. E consiglio anche la bella photogallery sempre nel Times).
Questo post ricalca una discussione su aNobii, questa, che mi ha permesso di mettere per iscritto delle cose che mi giravano in testa da qualche tempo.

Ho fatto i salti mortali persino per farmi assumere (anzi, per non farmi assumere) anche sottopagata da uno dei numerosi chioschi estivi, l'anno scorso. Con un liceo linguistico alle spalle, parlo due lingue straniere bene, più una mediamente, oltre che bene l'italiano; anche se ci dimentichiamo che sono le "scuole alte", con tre lingue in una cittadina turistica, dovrei trovare un lavoro subito.
Ma se non lo trovo io, dovrebbero farlo i ragazzi dei professionali. Volete sapere la sorpresa? Non lo trovano nemmeno loro!
Vedo gli adolescenti a spasso, ma non adolescenti al lavoro, e la colpa, per una volta, non la attribuisco a loro.

La scuola invece ci ha traviato. Ci ha insegnato che se ti impegni a scuola ed hai risultati ottimi, che se ti impegni all'università avrai un futuro, e realizzerai i tuoi sogni. La dura realtà ci insegna che anche se fai queste cose, non avrai niente, e che la società italiana sopravvive di una selezione innaturale (non il più capace ma... non so nemmeno chi è che va avanti nella vita) di cui TU non farai parte.
Una sera a cena è uscita fuori una massima incredibilmente calzante: l'errore più grande che hanno fatto i nostri i genitori è insegnarci ad avere aspirazioni. 

E continuo qui.
Se non ne avessimo, saremmo perfetti per questa società: consumatori anonimi e soggetti a tutte le suggestioni delle pubblicità, che credono a tutto quello che viene detto loro, senza idee proprie, pecoroni inutili che vivono per spendere e per provare emozioni plastificate ed in serie, che leggono solo casi editoriali, se leggono altro che le riviste o le scritte in televisione. Avendole, più o meno siamo lo stesso perché ormai non c'è scambio, ma c'è ancora una scintilla in noi, che ci fa sentire male per tutto questo, che ci fa dubitare, che ci fa soffrire.
E' un'idea molto, molto da Schopenhauer, ma ciò che ci distingue dai pecoroni di Silvio (oooops! l'ho detto? Sono proprio una comunista mangiabambini! (cit.)), è proprio la sofferenza.

Allora me ne andrò in Svezia o in Olanda (promesso a Belva I e Belva II) e riesumerò il mio tedesco per scrivere Die Leiden des junges Kommunist (I dolori del giovane Comunista - declinazione e lessico totalmente amatoriali :P).

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